Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri,  rappresentato
e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici e'
legalmente domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12,  contro  la
Regione Friuli-Venezia Giulia, in persona del  suo  Presidente  p.t.,
per la declaratoria della illegittimita' costituzionale  della  legge
della  Regione  Friuli-Venezia  Giulia  n.  5  dell'8  aprile   2013,
pubblicata nel  Bollettino  Ufficiale  della  Regione  Friuli-Venezia
Giulia n. 15 del 10 aprile 2013, nella sua integrita', ovvero, in via
subordinata, quanto meno nei suoi artt. 3, comma 28; 7, commi 1, 2  e
3; 10, commi 1, 2 e 5, come da delibera del Consiglio dei Ministri in
data 31 maggio 2013. 
 
                              F a t t o 
 
    In data 10 aprile 2013, sul n. 15 del Bollettino Ufficiale  della
Regione Friuli-Venezia Giulia, e' stata pubblicata la Legge Regionale
n. 5 dell'8 aprile 2013, recante «Disposizioni urgenti in materia  di
attivita'  economiche,  tutela  ambientale,  difesa  del  territorio,
gestione del territorio, infrastrutture, lavori pubblici, edilizia  e
trasporti, attivita'  culturali,  ricreative  e  sportive,  relazioni
internazionali e comunitarie,  istruzione,  corregionali  all'estero,
ricerca, cooperazione e famiglia, lavoro e formazione  professionale,
sanita' pubblica e protezione sociale, funzione  pubblica,  autonomie
locali, affari istituzionali, economici e fiscali generali». 
    La Legge nel suo complesso appare emessa  in  carenza  di  potere
sulla base delle considerazioni  che  si  andranno  a  sviluppare  in
prosieguo, e in violazione degli artt. 12 e 14 L. Cost.  31.1.63,  n.
1, 121 e 122 Cost., della  L.  Cost.  22.11.99,  n.  1,  nonche'  dei
principi fondamentali dell'ordinamento in tema di prorogatio e  degli
artt. 1 e 2 della L. R. Friuli-Venezia Giulia 18 giugno 2007,  n.  17
quali norme interposte. 
    Inoltre e comunque, in via subordinata, come si  precisera'  piu'
avanti, talune delle specifiche prescrizioni ivi  contenute  eccedono
dalle  competenze  regionali   e   sono   violative   di   previsioni
costituzionali e illegittimamente  invasive  delle  competenze  dello
Stato. 
    La legge n.  5/2013  della  Regione  Friuli-Venezia  Giulia  deve
pertanto essere impugnata, come con il presente  atto  effettivamente
la  si  impugna,  affinche'  ne  sia  dichiarata  la   illegittimita'
costituzionale, nella sua integrita' o quanto  meno  con  riferimento
alle nonne sopra specificate,  con  conseguente  annullamento,  sulla
base delle seguenti considerazioni in punto di 
 
                            D i r i t t o 
 
    1. E' lecito dubitare  della  legittimita'  costituzionale  della
legge impugnata nel suo complesso, in quanto approvata da  un  organo
carente di potere. 
    1.1. L'art. 14 della L. Cost. 31  gennaio  1963,  n.  1  (Statuto
Speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia),  testualmente  dispone
che «il Consiglio regionale e' eletto per cinque anni. Il quinquennio
decorre dalla data delle elezioni». Il Consiglio esercita  il  potere
legislativo ai sensi dell'art. 24 dello Statuto. 
    1.2. Codesta Ecc.ma  Corte  ha  piu'  volte  chiarito  (cfr.,  da
ultimo, Corte Cost., Sent. n. 68/2010) che il generale istituto della
prorogatio - applicabile,  sulla  falsariga  di  quanto  avviene  con
riferimento agli Organi statali, anche agli Organi regionali, pur  in
assenza  di  espresse  previsioni  statutarie,  in  quanto  principio
fondamentale ricavabile dalla stessa Carta fondamentale - e' volto  a
contemperare la esigenza di continuita' funzionale dell'Ente (che non
puo' rimanere del tutto inattivo in prossimita' delle nuove elezioni)
con il principio di rappresentativita' (per cui l'organo in  scadenza
e' ovviamente «depotenziato»). 
    Cio' si esplica nel persistente potere di esercitare talune delle
attribuzioni  statutarie;  ma  deve   avvenire   limitatamente   alle
«determinazioni del tutto  urgenti  o  indispensabili»,  al  fine  di
evitare che l'adozione di atti  in  prossimita'  della  scadenza  del
mandato possa rischiare di esser interpretata (piu' che come corretto
perseguimento degli interessi pubblici) «come una forma  di  captatio
benevolentiae nei confronti degli elettori» (Sent. cit.). 
    1.3. L'istituto  delle  prorogatio  e'  testualmente  contemplato
nella normativa regionale. 
    Successivamente alle modifiche introdotte in linea generale dalla
L. Cost. n. 1/99 (che ha novellato, tra gli altri, gli  artt.  121  e
122 Cost.), e peraltro in linea con quanto gia' a suo tempo  previsto
dall'art. 12 dello Statuto, e' stata infatti adottata  la  L.  R.  18
giugno 2007 n. 17, che regola  la  forma  di  governo  e  il  sistema
elettorale nella Regione Friuli-Venezia Giulia. 
    Con l'art. 2 della L.R. n. 17/2007 e' stato testualmente previsto
che  «i  poteri  del  Consiglio  regionale...  sono  prorogati,   per
l'ordinaria  amministrazione»,  sino   all'insediamento   del   nuovo
Consiglio. 
    La disposizione non specifica da quale momento decorrano i poteri
di  ordinaria  amministrazione,   ne'   come   gli   stessi   debbano
concretamente essere delimitati. 
    Deve pertanto soccorrere, sul punto, il ricorso ad altre norme  e
a fattispecie consimili, tali da consentire di individuare i principi
di carattere generale dell'ordinamento. 
    1.4. Il secondo e il  terzo  comma  dell'art.  14  dello  Statuto
regionale prevedono che «le elezioni del nuovo consiglio sono indette
dal Presidente della Regione e potranno aver luogo a decorrere  dalla
quarta domenica precedente e non oltre la seconda domenica successiva
al  compimento  del  periodo  di  cui   al   precedente   comma   [il
quinquennio]. Il decreto di  indizione  delle  elezioni  deve  essere
pubblicato non oltre il quarantacinquesimo giorno antecedente la data
stabilita per la votazione». 
    La disposizione appare dunque analoga, quanto ai suoi  contenuti,
a quella a suo tempo recata dall'art. 3 della L. 17.2.68 n. 108,  che
regolava le modalita' di svolgimento delle elezioni nelle  Regioni  a
Statuto  ordinario,  e  tuttavia  meglio  chiariva  che  i   Consigli
regionali «esercitano le loro funzioni fino al 46° giorno antecedente
alla data delle elezioni per la loro rinnovazione» (enfasi aggiunta). 
    Analogamente dispongono: 
    per la Regione Valle d'Aosta, la L.R. 7 agosto 2007, n.  21,  che
(art.  9)  prevede  che,  «nei  casi  di  scadenza   naturale   della
legislatura   al   termine   del   quinquennio,   a   decorrere   dal
quarantacinquesimo giorno  antecedente  la  data  delle  elezioni,  i
poteri del Presidente della Regione e  della  Giunta  regionale  sono
prorogati solo  per  l'ordinaria  amministrazione,  salva  l'adozione
degli atti indifferibili ed  urgenti,  fino  all'elezione  del  nuovo
Presidente e della nuova Giunta; i  poteri  del  Consiglio  regionale
sono prorogati, solo  per  l'adozione  degli  atti  indifferibili  ed
urgenti, fino alla prima riunione del nuovo Consiglio regionale»; 
    per la Regione Marche, l'art. 29, comma  2,  dello  Statuto  («Il
Consiglio - Assemblea legislativa esercita poteri limitati agli  atti
indifferibili e urgenti: a) a partire dal  quarantacinquesimo  giorno
antecedente  alla  data  delle  elezioni  conseguenti  alla  scadenza
naturale della legislatura»); 
    per le elezioni comunali e provinciali l'art. 38,  comma  5,  del
d.lgs.  18  agosto  2000,   n.   267   (Testo   unico   delle   leggi
sull'ordinamento degli enti locali) («i  consigli  durano  in  carica
sino all'elezione dei nuovi, limitandosi, dopo la  pubblicazione  del
decreto di indizione dei comizi  elettorali,  ad  adottare  gli  atti
urgenti e improrogabili»). 
    Al  di  la'  di  marginali  differenze,  puo'  dunque   ritenersi
accertato che l'istituto della prorogatio  ha  valenza  di  principio
generale nel  nostro  ordinamento,  e  che  l'organo  entra  in  tale
particolare regime a ridosso dello svolgimento delle elezioni, in  un
momento (dies a quo) che puo' essere individuato con la pubblicazione
del decreto  di  indizione  dei  comizi  elettorali,  ovvero  con  lo
scoccare dei quarantacinque giorni prima della scadenza  del  mandato
ovvero delle elezioni. 
    1.5. Tenute le elezioni precedenti in data 13-14 aprile 2008,  il
Consiglio regionale della regione  Friuli-Venezia  Giulia  e'  dunque
cessato con il decorso del quinquennio, al 13 aprile 2013. 
    In base a quanto previsto dal su riportato art. 14 dello Statuto,
le elezioni avrebbero dovuto svolgersi tra il 17 marzo e il 21 aprile
2013. Sono state effettivamente indette per il 21 e 22  aprile  2013,
con provvedimento adottato (art. 14, comma 3, Stat.)  «non  oltre  il
quarantacinquesimo  giorno  antecedente  la  data  stabilita  per  la
votazione». 
    1.6. E' pertanto indubitabile, quale che sia il termine a quo dal
quale si ritiene di far decorrere il regime  di  prorogatio,  che  la
Legge Regionale che oggi si impugna e' stata certamente  adottata  in
un momento in cui il Consiglio aveva poteri limitati,  essendo  stata
approvata l'8 aprile 2013 e pubblicata il 10 aprile successivo, cioe'
tredici e undici giorni prima dello svolgimento delle elezioni. 
    Alla luce dell'insegnamento  di  codesta  Corte  l'esercizio  del
potere legislativo sarebbe stato giustificato solo in caso di estrema
urgenza, ovvero per l'adozione di atti doverosi o necessitati. 
    Ora, non e' evidentemente sufficiente, al fine che qui interessa,
che l'intitolazione della legge e ciascuna delle disposizioni rechino
una  simile  occorrenza  («norme  urgenti  in  materia  di  attivita'
economiche»; «norme urgenti in materia di tutela ambientale e  difesa
del territorio» ...). 
    La disposizione deve avere piuttosto un  oggettivo  carattere  di
eccezionalita' e urgenza, che deve corrispondere ad  una  sostanziale
(e non meramente formale) esigenza  di  far  fronte  ad  una  precisa
necessita'. 
    La legge che  si  impugna,  priva  anche  di  un  preambolo,  non
identifica  invece  in  alcun  modo  i  requisiti   di   «urgenza   e
indispensabilita'» che hanno reso  inevitabile  l'adozione  di  norme
solo  pochissimi  giorni  prima  dell'entrata  in  carica  del  nuovo
Consiglio. 
    Al contrario, la stessa sua struttura disarticolata,  consistente
in una specie di previsione omnibus volta a regolamentare aspetti del
tutto eterogenei, legittima il dubbio che si sia proprio in  presenza
di quella volonta' di captatio benevolentiae evidenziata  da  codesta
Ecc.ma Corte, nonche' di sottrazione  di  poteri  all'Amministrazione
entrante: aspetti,  tutti,  in  palese  contrasto  con  il  principio
costituzionalmente  tutelato  della  rappresentativita'  e   con   il
rispetto della volonta' del corpo elettorale. 
    E tale impressione e' pienamente confermata dal  contenuto  delle
norme asseritamente «urgenti». 
    Si e' infatti  in  presenza  di  una  amplissima  concessione  di
contributi (si confrontino, ad esempio, l'art. 1,  l'art.  4,  l'art.
5), della cui  urgenza  e'  lecito  dubitare  (specie  a  fronte  del
prossimo subentrare di una nuova gestione consiliare), e di norme  di
carattere «ordinamentale» che per definizione non possono non  essere
eccedenti  l'ordinaria   amministrazione   (si   vedano,   a   titolo
esemplificativo, l'art. 1, comma  10,  che  abroga  una  disposizione
regionale in tema di trasparenza degli atti di concessione di  aiuti;
il  successivo  comma  19  che  proroga  al  2020  la  durata   delle
concessioni demaniali marittime; l'art. 4 che modifica la definizione
di  «interventi  di  manutenzione  straordinaria»   in   materia   di
edilizia). 
    Conclusivamente, la Legge impugnata appare emessa in  carenza  di
potere e in violazione degli artt. 12 e 14 L. Cost.  31.1.63,  n.  1,
121 e 122 Cost., della L. Cost. 22.11.99, n. 1, nonche' dei  principi
fondamentali dell'ordinamento in tema di prorogatio e degli artt. 1 e
2 della L. R. Friuli-Venezia Giulia 18 giugno 2007, n. 17 quali norme
interposte, e  dovra'  pertanto  essere  dichiarata  incostituzionale
nella sua interezza. 
    2. A prescindere dalle assorbenti considerazioni svolte al  n.  1
che precede, e in via  subordinata,  alcune  specifiche  disposizioni
della L. R. Friuli-Venezia Giulia  n.  5/2013  incidono  comunque  in
specifiche competenze statali, e dovranno  pertanto  comunque  essere
dichiarate incostituzionali sulla base delle considerazioni che vanno
qui di seguito a svilupparsi. 
    2.1. Non si puo' non osservare, in primo luogo,  che  la  tecnica
redazionale con la quale la legge e' stata predisposta e'  in  palese
contrasto con lo stesso «manuale regionale di regole  e  suggerimenti
per la redazione dei testi  normativi»  predisposto  dall'Ufficio  di
presidenza del Consiglio regionale all'inizio della legislatura. 
    Tale  situazione  ha   reso   estremamente   difficoltoso   anche
comprendere  l'effettiva  portata  di   molte   tra   le   eterogenee
disposizioni contenute nella legge ai  fini  della  impugnazione  nei
ristretti termini previsti. Cio' sembra poter integrare  un  autonomo
ulteriore vizio che incide sulla validita' della legge gravata  nella
sua interezza, per evidente  contrasto  con  il  principio  di  leale
collaborazione che deve ispirare i rapporti tra Stato e Regioni. 
    2.2.1. Passando comunque ad  esaminare  le  singole  disposizioni
della  L.  R.  n.  5/2013,   va   in   primo   luogo   ravvisata   la
incostituzionalita' dell'art. 3, comma 28 per contrasto con gli artt.
4 e  5  dello  Statuto  regionale,  del  d.lgs.  n.  152/2006  (norma
interposta) e della competenza esclusiva statale di cui all'art. 117,
comma 2, lett. s) Cost. 
    2.2.2. La norma in discorso, nel porre norme urgenti  in  materia
di gestione del territorio, prevede, per quanto  qui  interessa,  che
«il comma 1 dell'art. 37-bis della  legge  regionale  n.  16/2002  e'
sostituito dal seguente: «1. Gli interventi di cui all'art. 37, comma
1-bis, che comportano l'estrazione e l'asporto di  materiale  litoide
sono considerati interventi di manutenzione ordinaria -  e  non  sono
subordinati a  vincoli  da  parte  degli  strumenti  urbanistici.  Il
materiale  litoide  conseguente  a  tali  interventi,  sottoposto  al
pagamento di canone, costituisce materia  prima  e  pertanto  non  e'
assoggettato al regime dei sottoprodotti di cui all'art. 184-bis  del
decreto  legislativo  n.  152/2006  e   alle   regole   del   decreto
ministeriale  10  agosto  2012,  n.  161  (Regolamento   recante   la
disciplina dell'utilizzazione delle terre e rocce da scavo).» 
    2.2.3.  La  disposizione  pone  evidentemente  norme  in  materia
ambientale. 
    Detta materia, come risulta agevolmente dalla lettura degli artt.
4 e 5 dello Statuto della Regione  (L.  Cost.  n.  1/1963  cit.)  non
rientra  nella  competenza  esclusiva  regionale,   ne'   in   quella
concorrente. 
    Essa  e'  invece  di   esclusiva   spettanza   statale,   essendo
espressamente prevista dall'art. 117, comma 2, lett. s) Cost. (tutela
dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali). 
    Orbene, la legge regionale  dispone  in  maniera  difforme  dalla
legge statale (d.lgs. n. 152/2006) che, disciplinando la materia  dei
rifiuti ed individuando varie  tipologie  di  beni  non  soggetti  al
regime ivi posto, precisa (art. 185, comma 4), con norma  eccezionale
e di stretta interpretazione, che «il suolo escavato non  contaminato
e altro materiale allo stato naturale, utilizzati in siti diversi  da
quelli in cui sono stati escavati, devono essere valutati  ai  sensi,
nell'ordine, degli articoli 183,  comma  1,  lettera  a),  184-bis  e
184-ter». 
    E' evidente il contrasto tra  le  due  disposizioni,  laddove  la
legge regionale qualifica espressamente  il  materiale  litoide  come
«materia prima» e lo sottrae al regime dell'art. 184-bis  del  d.lgs.
n. 152/2006. 
    Il Legislatore  regionale  ha  dunque  esorbitato  dalle  proprie
competenze,  e  la   norma   impugnata   dovra'   essere   dichiarata
incostituzionale. 
    2.3. Deve poi eccepirsi la incostituzionalita' dell'art. 7, commi
1, 2 e 3 della L. R. n. 5/2013, per contrasto con gli  artt.  4  e  5
dello Statuto regionale, con i principi fondamentali  in  materia  di
coordinamento della finanza pubblica, e pertanto con l'art. 117 comma
3 Cost., l'art. 76, comma 7 della L. n. 133/2008 e l'art. 9, comma 28
del D.L. n. 78/2010 (norme interposte). 
    2.3.1. L'Art. 7, nel porre Norme urgenti in materia di  lavoro  e
formazione professionale, cosi' testualmente  dispone  ai  primi  tre
commi: «1. Alla lettera b) del comma  27  dell'art.  12  della  legge
regionale 30 dicembre 2008, n. 17 (Legge finanziaria 2009),  dopo  le
parole «lavoratori socialmente utili» sono aggiunte le  seguenti:  «,
nonche' per la realizzazione di cantieri di lavoro  di  cui  art.  9,
commi da 127 a 137, della legge regionale 31  dicembre  2012,  n.  27
(Legge finanziaria 2013)». 
    2. Alla lettera b) del comma  28-bis  dell'art.  12  della  legge
regionale n. 17/2008 dopo le parole  «lavoratori  socialmente  utili»
sono aggiunte  le  seguenti:  «,  nonche'  per  la  realizzazione  di
cantieri di lavoro di cui art. 9, commi da 127  a  137,  della  legge
regionale n. 27/2012». 
    3. Al punto 1 della lettera b) del comma 16  dell'art.  13  della
legge regionale 30 dicembre 2009, n.  24  (Legge  finanziaria  2010),
dopo  la  parola  «utili»  sono  aggiunte  le  seguenti:  «e  per  la
realizzazione di cantieri di lavoro di cui all'articolo 9,  commi  da
127 a 137, della legge regionale  31  dicembre  2012,  n.  27  (Legge
finanziaria 2013)». 
    2.3.2.  Rammentato  che  il  vincolo  costituito   dai   principi
fondamentali in materia di coordinamento della  finanza  pubblica  di
cui all'art. 117 comma 3 e' applicabile anche alla  normazione  delle
Regioni a Statuto speciale, i commi 1 e 2  della  disposizione  sopra
riportata contrastano con l'art. 76, comma 7  della  L.  n.  133/2008
(norma che pone principi fondamentali  in  materia  di  coordinamento
della finanza pubblica come ritenuto da codesta Corte  Ecc.ma:  Sent.
n. 217/2012). 
    E,  invero,  la  norma  statale  vieta  «agli  enti   nei   quali
l'incidenza delle spese di personale e' pari o superiore  al  50  per
cento delle spese correnti di procedere ad assunzioni di personale  a
qualsiasi  titolo  e  con  qualsivoglia  tipologia  contrattuale;   i
restanti enti possono procedere ad assunzioni di  personale  a  tempo
indeterminato nel limite del 40 per cento della spesa  corrispondente
alle cessazioni dell'anno precedente. Ai soli fini del calcolo  delle
facolta'  assunzionali,  l'onere  per  le  assunzioni  del  personale
destinato allo svolgimento  delle  funzioni  in  materia  di  polizia
locale, di istruzione pubblica e del  settore  sociale  e'  calcolato
nella misura  ridotta  del  50  per  cento;  le  predette  assunzioni
continuano a rilevare per intero ai fini del calcolo delle  spese  di
personale previsto dal primo periodo del presente comma». 
    Le norme regionali, come risultanti  dalle  modifiche  introdotte
con la disposizione che qui  si  impugna,  prevedono  invece  che  le
maggiori spese di personale connesse a nuove assunzioni relative alla
realizzazione di cantieri di lavoro ex legge regionale n.  27/12  non
rilevano ai fini del calcolo  della  riduzione  della  spesa  per  il
personale e al connesso contenimento  della  dinamica  retributiva  e
occupazionale di cui alla L. R. n. 17/2008. 
    E' evidente che, in tal modo disponendo, il Legislatore regionale
e'  entrato  in  contrasto  con  la  disciplina  statale   volta   al
contenimento della spesa degli enti locali. 
    2.3.3. Non va esente da censure  nemmeno  il  terzo  comma  della
disposizione regionale impugnata, che, come visto, modifica il  comma
16 dell'art. 13  della  legge  regionale  30  dicembre  2009,  n.  24
estendendo le deroghe alle assunzioni di personale ad  una  ulteriore
fattispecie (personale da assumere «per la realizzazione di  cantieri
di lavoro di cui  all'art.  9,  commi  da  127  a  137,  della  legge
regionale 31 dicembre 2012, n. 27 (Legge finanziaria 2013)»). 
    Anche questa norma,  pero',  viola  i  principi  fondamentali  in
materia di coordinamento della finanza  pubblica,  posti,  in  questo
caso, dalla norma interposta costituita dall'art. 9 comma 28 del D.L.
31 maggio 2010, n. 78 che, ai fini del Contenimento  delle  spese  in
materia di impiego pubblico, dispone che le amministrazioni regionali
«possono avvalersi di personale a tempo determinato o con convenzioni
ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, nel
limite del 50 per cento della spesa sostenuta per le stesse finalita'
nell'anno 2009». Una deroga e' consentita solo, a partire  dal  2013,
per le assunzioni necessarie  a  garantire  determinate  funzioni,  e
fermo sempre il limite della spesa complessiva sostenuta nel 2009. 
    La norma regionale, nella parte in cui estende le possibilita' di
deroga a casi diversi da quelli consentiti dalla disposizione statale
consentendo assunzioni senza il rispetto dei  limiti  della  «stretta
necessita'» di garantire le funzioni, senza  limitare  l'applicazione
«a decorrere dal 2013» ed ignorando il  tetto  di  spesa,  e'  dunque
incostituzionale per violazione dei principi fondamentali in  materia
di coordinamento della finanza pubblica. 
    2.4. Incostituzionale e', da ultimo, l'Art. 10  della  L.  R.  n.
5/2013  che  si  impugna  (Norme  urgenti  in  materia  di   funzione
pubblica), nei suoi commi 1, 2 e 5, per contrasto con l'art. 4  dello
Statuto regionale, con gli artt. 3, 51 e 97 della Costituzione, con i
principi fondamentali  in  materia  di  coordinamento  della  finanza
pubblica, e pertanto con l'art. 117 comma  3  Cost.,  con  1'art.  9,
comma 21, del DL n. 78/2010 (norma interposta). 
    2.4.1. A mente dell'art. 10,  commi  l  e  2,  «la  Regione  puo'
prevedere nei bandi dei concorsi pubblici per  l'accesso  all'impiego
regionale, ai fini  della  progressione  di  carriera  del  personale
regionale, una  riserva  di  posti  per  il  personale  medesimo  non
superiore al 50 per cento di quelli messi a concorso, fermo  restando
l'obbligo del possesso dei titoli di studio  richiesti  in  relazione
alla categoria e al profilo professionale di accesso». 
    «Fermo restando quanto previsto dal  comma  1,  la  Regione  puo'
altresi' prevedere, nell'ambito delle procedure concorsuali pubbliche
per l'accesso alle categorie: a) una riserva  di  posti,  nel  limite
massimo del 25 per cento di quelli messi a  concorso,  a  favore  del
personale titolare di rapporto di  lavoro  a  tempo  determinato  che
abbia maturato, alla data di pubblicazione del bando, almeno tre anni
di servizio alle dipendenze della  Regione,  nonche',  per  una  sola
tornata concorsuale, a favore del personale che abbia maturato  detto
requisito minimo di servizio alla data di  entrata  in  vigore  della
presente legge; b) una valorizzazione,  nell'ambito  delle  procedure
concorsuali,  per   titoli   ed   esami,   con   apposito   punteggio
dell'esperienza professionale dei soggetti di cui  alla  lettera  a),
nonche' di coloro che, alla data di pubblicazione del bando,  abbiano
maturato  presso  la  Regione,  almeno  tre  anni  di  contratto   di
collaborazione coordinata  e  continuativa  o  abbiano  operato,  per
almeno   tre   anni,   quali   lavoratori   somministrati;   c)   una
valorizzazione, nell'ambito delle procedure concorsuali,  per  titoli
ed  esami,  con  apposito  punteggio  dell'idoneita'  conseguita   in
pubblici concorsi banditi dalla Regione per l'accesso alla  categoria
e al profilo professionale messo a concorso». 
    In forza di dette norme, dunque, la Regione Friuli-Venezia Giulia
puo' bandire concorsi a pubblico impiego con riserva per il personale
interno di un numero di posti superiore  al  50%,  in  contrasto  con
fondamentali  principi  costituzionali  piu'  volte  riaffermati   da
codesta Corte. 
    2.4.2. Cosi' disponendo - anche a voler ritenere che  la  materia
cosi' regolata rientri nella competenza esclusiva regionale - essa ha
patentemente violato, per un verso, la previsione dell'art. 4,  comma
1, dello Statuto (laddove prevede che anche la  potesta'  legislativa
esclusiva sia esercitata «in armonia con la Costituzione»  e  «con  i
principi generali dell'ordinamento giuridico della Repubblica»);  per
altro verso, il disposto degli artt. 3, 51 e 97  della  Costituzione,
la cui lettura coordinata consente di ricavare quale regola  generale
il principio  di  accesso  all'impiego  pubblico  mediante  procedure
concorsuali aperte, cui puo' eccezionalmente derogarsi in presenza di
un motivato interesse pubblico. 
    Cosi', piu' volte (Corte Cost. n. 217/90  e  numerose  altre)  e'
stato rilevata l'incostituzionalita' di disposizioni che,  estendendo
oltre misura e  irragionevolmente  le  procedure  riservate,  abbiano
derogato  in  maniera  inammissibile  al  principio  di  accesso  per
pubblico concorso, incidendo sul principio di uguaglianza e  di  buon
andamento dell'amministrazione. 
    2.5. Violativa delle prerogative costituzionali  dello  Stato  e'
infine la disposizione contenuta nel comma 5 dell'art. 10 della L. R.
n. 5/13, che riproduce il contenuto dell'art. 12 comma 11 della L. R.
n. 14/2012 - a suo tempo impugnata dal Governo: ric. n.  129/2012  -,
ora abrogato dall'art. 10, comma 10, lett. b) della legge che qui  si
impugna. 
    2.5.1.  La  disposizione  prevede   che   «la   revisione   delle
graduatorie delle procedure attuative del disposto di cui all'art. 16
del contratto collettivo integrativo 1998-2001, area non dirigenziale
del personale regionale, sottoscritto in data 11 ottobre 2007,  e  il
conseguente   conferimento   delle   relative    posizioni    avviene
salvaguardando, in  ogni  caso,  quelle  gia'  conferite  e  comunque
nell'ambito delle risorse disponibili nel Fondo per la contrattazione
collettiva integrativa». 
    2.5.2. L'art. 16 del CCI richiamato  disciplina  le  progressioni
orizzontali, subordinando ad una procedura selettiva il  processo  di
acquisizione della nuova posizione economica. La  norma  che  qui  si
impugna viola l'art. 9, comma 21, del  DL  n.  78/2010,  Contenimento
delle spese in materia di impiego  pubblico,  secondo  il  quale  «le
progressioni di carriera comunque denominate  eventualmente  disposte
negli anni 2011, 2012 e 2013 hanno effetto, per i predetti  anni,  ai
fini esclusivamente giuridici», nella parte in cui  non  prevede  non
precisa  che  il  conferimento  delle  dette  posizioni  puo'   avere
esclusivamente effetti giuridici. 
    Anche  sotto  questo  profilo  la  norma  impugnata   e'   dunque
incostituzionale, per violazione del richiamato art. 9, comma 21, del
DL n. 78/2010, norma interposta, dei principi fondamentali in materia
di coordinamento della finanza pubblica e dell'art. 117 comma 3 della
Costituzione. 
    3. Alla luce di tutto quanto precede e' dunque  evidente  che  la
Legge della Regione Friuli-Venezia Giulia n. 5  dell'8  aprile  2013,
pubblicata nel  Bollettino  Ufficiale  della  Regione  Friuli-Venezia
Giulia n. 15 del 10 aprile 2013, nella sua integrita', ovvero, in via
subordinata, quanto meno nei suoi artt. 3, comma 28; 7, commi 1, 2  e
3; 10, commi 1, 2 e 5, come da delibera del Consiglio dei ministri in
data 31 maggio 2013, e' invasiva della competenza statale in quanto: 
    (con riferimento all'intero testo normativo) in contrasto con gli
artt. 12 e 14 L. Cost. 31.1.63, n. 1, 121 e  122  Cost.,  con  la  L.
Cost.  22.11.99,  n.  1,  nonche'   con   i   principi   fondamentali
dell'ordinamento in tema di prorogatio e con gli artt. 1 e 2 della L.
R.  Friuli-Venezia  Giulia  18  giugno  2007,  n.  17   quali   norme
interposte; e ancora con il principio  di  leale  collaborazione  che
deve ispirare i rapporti tra Stato e Regioni; 
    (con riferimento all'art. 3, comma 28) in contrasto con gli artt.
4 e 5 dello Statuto regionale,  con  il  d.lgs.  n.  152/2006  (norma
interposta) e con la competenza esclusiva  statale  di  cui  all'art.
117, comma 2, lett. s) Cost.; 
    (con riferimento all'art. 7, commi l, 2 e 3) in contrasto con gli
artt. 4 e 5 dello Statuto regionale, con i principi  fondamentali  in
materia di coordinamento  della  finanza  pubblica,  e  pertanto  con
l'art. 117 comma 3 Cost., con l'art. 76, comma 7 della L. n. 133/2008
e l'art. 9, comma 28 del D.L. n. 78/2010 (norme interposte); 
    (con riferimento all'art. 10, commi 1, 2 e 5)  in  contrasto  con
l'art. 4 dello Statuto regionale, con gli artt.  3,  51  e  97  della
Costituzione, con i principi fondamentali in materia di coordinamento
della finanza pubblica, e pertanto con l'art. 117 comma 3 Cost.,  con
l'art. 9, comma 21, del DL n. 78/2010 (norma interposta); 
    e dovra' conseguentemente essere annullata.